Lacan e il cinema è il tema trattato in questo numero de La Psicoanalisi, il quarantesimo.
Dal cinema Lacan imparava. Dal cinema ricavava un insegnamento sulla struttura, sul funzionamento dell’inconscio. Come ci ricorda Judith Miller nel breve testo che ha gentilmente inviato alla nostra rivista per questa occasione, per suo padre “andare al cinema non era per lui un momento di distrazione: un film era un’opera, come un testo.” Insomma un film “sottolineava una struttura, illustrava una formazione dell’inconscio o delimitava un impossibile, si leggeva come un testo e convocava tropi specifici.” È la lezione che Lacan ci dà quando si accosta all’opera di un regista. Quando parla di El di Bunuel, della Dolce vita di Fellini o dell’Impero dei sensi di Nagisa Oshima. Lezione che già conoscevamo quando si accosta all’opera di uno scrittore, di un poeta, di un artista.
Jacques Lacan aveva un rapporto particolare con il cinema. E lo aveva almeno tramite quella persona che, come Judith ricorda, era per lui “mentore nella scoperta del cinema e il riferimento vivo e perspicace per i film « da vedere »”: si tratta di Sylvie, sua moglie, madre di Judith, attrice principale di Partie de campagne, Gita in campagna, capolavoro di Jean Renoir, e che il cinefilo italiano potrà vedere anche ne Il fiore e la violenza, film a episodi diretto da Michelangelo Antonioni, François Reichenbach e, appunto, Jean Renoir.
Questo numero de La Psicoanalisi è una tappa che si iscrive in una serie di avvenimenti che hanno visto intrecciarsi, e che intrecceranno ancora, il cinema e la psicoanalisi.Un avvenimento maggiore lo abbiamo avuto in febbraio a Venezia, in occasione di un colloquio tenuto al Palazzo Franchetti, organizzato da nostri colleghi unitamente all’Alliance française, e che aveva Lacan e la psicoanalisi come protagonisti. Un secondo avvenimento maggiore è stato organizzato a maggio, ancora in collaborazione con la Scuola Lacaniana di Psicoanalisi e l’Istituto freudiano, dalla Cineteca di Bologna per rendere omaggio, a 150 anni dalla sua nascita, “al maestro di Vienna con una piccola maratona: film, documentari, repertori e interviste che testimoniano, attraverso approcci diversi, la grande scoperta della psicoanalisi”, come scrive il suo presidente Giuseppe Bertolucci.
Lasciamo ora al lettore il piacere di scorrere questo numero curato da Chiara Mangiarotti e Rosamaria Salvatore e di soffermarsi sul bel pezzo di Lacan su L’assassin musicien di Benoît Jacquot, il regista del suo Télévision (trad. it. in Altri scritti, Einaudi).
Questo numero esce con il patrocinio dell’Ambasciata di Francia e del Dams dell’Università di Roma Tre. Nella copertina un fotogramma del film Dolls di Takeshi Kitano.