L’anoressia e l’inconscio

La Psicoanalisi n. 50, 2011, Casa Editrice Astrolabio, 338 pagine, EAN 9788834016237
La Psicoanalisi - L’anoressia e l’inconscio
Nota editoriale di Domenico Cosenza

L’anoressia e l'inconscio

1. Lacan e l’anoressia mentale

Non ci sembra affatto casuale che negli ultimi vent’anni, tra i contributi più rilevanti in ambito dinamico e in particolare psicoanalitico sul tema dell’anoressia dobbiamo annoverare diversi importanti lavori di studiosi provenienti dall’orientamento lacaniano. Ciò dipende dal fatto, come già ho cercato di sottolineare altrove, che l’anoressia mentale occupa nel testo di Lacan un posto speciale, sia per il modo originale in cui egli la intende, sia per gli effetti di provocazione che essa produce nel cuore della continua riformulazione del suo insegnamento teorico-clinico sui fondamenti della pratica freudiana. Detto in altri termini, è la questione stessa dell’inconscio, concetto cardine della psicoanalisi, a essere messa alla prova, riformulata, pensata nel suo limite estremo, ogni volta che Lacan richiama in campo nel suo insegnamento l’anoressia mentale.

Per questa ragione, in questo lavoro intendiamo scandagliare proprio il rapporto tra l’anoressia e l’inconscio, per mettere in rilievo ciò che l’esperienza clinica con le pazienti anoressiche ci può insegnare rispetto all’inconscio contemporaneo, alle sue trasformazioni e manifestazioni.

Lacan ci permette, come vedremo, nel suo ultimo insegnamento sull’anoressia mentale, di riaggiornare le nostre tesi sull’inconscio, mettendo in evidenza come alla base del rifiuto anoressico del sapere inconscio, al cuore di quello che potremmo definire come il suo quarto paradigma sull’anoressia mentale nel Seminario XXI, si situa l’orrore per quella dimensione reale dell’inconscio strutturata sull’inesistenza del rapporto sessuale. L’impasse nell’attivazione del transfert simbolico, che tanto ci colpisce nella clinica dell’anoressia mentale, trova per l’ultimo Lacan in questo punto di denegazione fondamentale della dimensione reale di orrore alla radice del sapere, più che su un epocale supposto tramonto dell’inconscio, la sua leva di fondo.

2. Le attività del Dipartimento sulle Patologie Alimentari dell’Istituto freudiano

Questo volume si situa dunque lungo la scia costituita dall’elaborazione teorico-clinica sull’anoressia a partire dall’insegnamento di Lacan e dei suoi allievi, e costituisce il primo contributo pubblicato dal Dipartimento sulle Patologie Alimentari dell’Istituto freudiano, dopo quattro anni dall’avvio dei suoi lavori. Il lavoro del Dipartimento ha scandagliato in questi anni la clinica dell’anoressia mentale in diversi punti cardinali, attorno a cui si sono costruite delle Conversazioni Cliniche del Dipartimento. A esse ogni volta è stato chiamato a partecipare un collega docente dell’Istituto del Campo freudiano preveniente da un altro Paese europeo, invitato a partire dall’implicazione della sua ricerca con la clinica dell’anoressia. Iniziammo nel novembre del 2007 a Milano a incontrarci sul tema “L’anoressia vera nella clinica psicoanalitica”, con la partecipazione di Carole Dewambrechies-La Sagna, a partire dalla ripresa da parte della stessa1 del concetto, appartenente alla tradizione della psichiatria classica, di ‘anoressia vera’, per reinterrogarci attorno al problema della diagnosi di struttura nel campo dell’anoressia mentale. Il suo contributo introduce infatti una tensione nuova nel problema della diagnosi, proponendo con la nozione di anoressia mentale o vera una posizione strutturale irriducibile tanto alle forme istericoevrotiche di anoressia, quanto rispetto ai sintomi anoressici in quadri psicotici. Per inquadrare l’anoressia mentale o vera Dewambrechies utilizzava nel suo articolo il riferimento alla nozione di “fuori discorso di fatto, ma non di struttura”, aprendo così un dibattito attorno a come intenderne lo statuto: come una struttura a sé stante, oppure come una posizione più che una struttura differente dalle tre strutture freudiane.

L’incontro successivo si svolse a Venezia nell’aprile 2008, attorno al tema dello statuto dell’oggetto nell’anoressia, sempre con la presenza di Dewambrechies-La Sagna. Il dibattito ruotò attorno ad alcuni contributi relativi all’oggetto ‘niente’ (rien), che per Lacan costituisce per eccellenza l’oggetto pulsionale nell’anoressia mentale, e attorno all’oggetto orale, che con il niente ha una relazione non di semplice equivalenza in Lacan. Nell’ottobre 2008 svolgemmo ad Ancona il terzo incontro, alla presenza di Manuel Férnandez Blanco, rilanciando il tema del rapporto con l’oggetto ma articolandolo stavolta con il tema dell’Altro contemporaneo, con il quale l’anoressica ha a che fare. Ciò in modo da approfondire la questione pulsionale dell’anoressica interrogando al contempo il suo rapporto con l’Altro familiare e sociale, fino a toccare la questione del rapporto con le comunità virtuali dei siti proAna e pro-Mia.

La quarta conversazione del Dipartimento si svolse nuovamente a Milano nel gennaio 2009, alla presenza di Pierre Naveau, e ha affrontato il problema del rapporto tra anoressia e bulimia. Il titolo, volutamente provocatorio, suonava: “Anoressia-bulimia? Potenzialità e limiti di un circuito unitario”. In questa conversazione, che introduceva la questione bulimica nella nostra interrogazione sull’anoressia mentale, ci si poneva la questione clinica se vi fosse effettivamente, come sostenuto anzitutto da Bernard Brusset e in seguito anche da diversi autori lacaniani, un circuito unitario anoressico-bulimico, e se sì in tutti i casi, oppure se si debba pensare, come è il caso di Dewambrechies-La Sagna, a una irriducibilità ed incommensurabilità tra anoressia e bulimia. Questione non meramente speculativa, ma essenziale per le implicazioni pratiche legate al trattamento e alle sue indicazioni e controindicazioni, per esempio per quanto pertiene alla terapia di gruppo e ai ricoveri in strutture residenziali in cui pazienti anoressiche e bulimiche convivono.

La quinta conversazione si svolse a Roma nel febbraio 2010, sempre alla presenza di Férnandez Blanco, e affrontò il tema spinoso del transfert nella cura dell’anoressia e della bulimia. Essa apre un periodo di riflessione sui fondamenti della cura analitica dell’anoressia e della bulimia, dopo un triennio dedicato a chiarificare la logica della costruzione della posizione anoressica. Lì emerse con chiarezza, grazie soprattutto al commento di Férnandez Blanco che riportò la questione alla struttura del transfert simbolico elaborata da Lacan nell’algoritmo del transfert, tutta la difficoltà del soggetto in anoressia. In effetti, la dimensione simbolica del transfert si presenta disattivata o assente nell’anoressia mentale: manca un significante enigmatico da cui il transfert possa attivarsi (ciò che Lacan chiama il significante del transfert, St), manca il significante che fa da tratto nella scelta di un analista particolarizzandola (ciò che Lacan chiama il significante qualunque, Sq), e più in generale c’è un rifiuto preliminare della sembiantizzazione, la quale è necessaria perché la relazione analitica si costituisca per il soggetto ponendo l’analista come sembiante dell’oggetto perduto. Tale rifiuto si evidenzia del resto nella tendenza dell’anoressica a incarnare nel reale la propria questione rispetto all’Altro: ragione per cui essa ha bisogno d’incarnare nel proprio corpo la domanda “Può perdermi?” rivolta ai partners d’amore, soprattutto ai genitori. L’anoressica così non perde, non manca, perché si fa lei stessa nel reale l’oggetto perduto per l’Altro. La questione che si pone è dunque come ricondurre il soggetto anoressico nella cura al punto nel quale la sua scelta, nel bivio tra la costruzione di un sintomo e il passaggio all’atto anoressico, andò verso l’anoressia, e come aiutarlo a scegliere di nuovo ma nella direzione di un sintomo analizzabile in senso freudiano.

A latere di tale attività più interna alla comunità dei clinici di orientamento lacaniano implicati nel lavoro con i disturbi alimentari, il Dipartimento ha organizzato due attività aperte a interventi di specialisti di altri orientamenti: la prima a Venezia sul trattamento dei disturbi del comportamento alimentare in istituzione, la seconda fu una Giornata di studi tenutasi a Roma sul tema dei disturbi alimentari in adolescenza.

3. I contributi di questo volume

I testi qui raccolti, che condensano i più importanti momenti di elaborazione prodottisi nel lavoro del Dipartimento, presentano diversi motivi d’interesse e isolano dei punti di avanzamento nella ricerca psicoanalitica sull’anoressia mentale interna all’orientamento lacaniano.

In primo luogo, diversi contributi fanno il punto sugli sviluppi più avanzati offerti da Lacan sul tema dell’anoressia mentale, cercando di mostrarne la peculiarità teorica e la pertinenza rispetto alla pratica clinica. Particolare attenzione è stata così rivolta alle tesi sull’anoressia avanzate da Lacan nel Seminario XXI, Les non dupes errent, nella lezione del 9 aprile 1974, fino a oggi poco considerate o del tutto trascurate dagli studiosi interessati all’approccio lacaniano all’anoressia mentale. Come si è cercato di dimostrare, in particolare nei primi due testi qui raccolti, questo seminario introduce una discontinuità feconda rispetto ai precedenti, in particolare rispetto al Seminario XI, ritenuto fino a oggi per molti il depositario dell’ultima parola di Lacan sul tema dell’anoressia. Il rifiuto del sapere inconscio, l’evitamento dell’orrore del non rapporto sessuale che sta alla base di tale sapere, fanno di questo seminario di Lacan quello che più dei precedenti incarna nella posizione anoressica un rifiuto dell’Altro come tale, secondo la celebre formula offertane da Jacques-Alain Miller. In una descrizione ‘ordinaria’ del sintomo delle ragazze anoressiche, la loro ruminazione mentale continua attorno al cibo e al mangiare o non mangiare che chi lavora in questo ambito della clinica ben conosce, Lacan mostra al cuore dell’anoressia tutt’altro che il tentativo di aprire nell’Altro una mancanza, come in parte ancora possiamo intravedere nel Seminario XI. Al contrario, il godimento anoressico si costruisce qui sul diniego radicale del sapere inconscio, di cui il soggetto non vuole saperne niente. Carlo Viganò cercherà nel suo intervento di articolare questo passaggio con gli sviluppi degli ultimi seminari topologici di Lacan, inquadrando l’anoressia mentale come “perversione di posizione” e inserendola all’interno di una clinica del ‘sinthomo’, di cui l’autore prova a interrogare la logica del transfert.

In secondo luogo, questo numero della rivista raccoglie i primi contributi lacaniani sul tema dell’anoressia infantile. Si tratta di testi importanti, sorti nel quadro della pratica clinica in ospedale nei reparti di neonatologia, pediatria e neuropsichiatria infantile. Essi ci permettono di intendere e articolare meglio anche il riferimento reiterato di Lacan al bambino anoressico e al suo mangiare niente, e di capire perché egli non si limiti a riferirsi all’anoressia della ragazza. François Ansermet nel suo articolo sull’anoressia del lattante mette in valore la dicotomia, già presente nella tradizione della pedopsichiatria, tra anoressia precoce passiva e anoressia infantile di opposizione, differenziandone lo statuto in modo radicale. L’intervento di Manuel Férnandez Blanco a sua volta traccia le coordinate di una clinica psicoanalitica dell’anoressia infantile, differenziandone i quadri alla luce del posto del soggetto in rapporto all’Altro parentale. Se ne deduce che, potremmo dire, se è vero come sostiene Lacan, che il bambino anoressico mangia il niente, esistono tuttavia almeno due modalità irriducibili di compiere questo genere di operazione:2 nell’anoressia precocissima passiva l’Altro non trova posto e il bambino anoressico fa tutt’uno con il niente; nelle forme di anoressia da svezzamento o di opposizione, che si sviluppano a partire dai sei mesi di vita, l’Altro trova invece il proprio posto nel rapporto del bambino con l’oggetto, in una dialettica complessa che mette in gioco tanto il godimento quanto il desiderio.

In terzo luogo, il volume presenta dei contributi che offrono un aggiornamento sul rapporto con l’oggetto pulsionale e con l’Altro familiare e materno nella clinica dell’anoressia.

Il testo di Pietro Bossola approfondisce la questione del godimento anoressico come godimento dell’Uno, olofrastico e non dialettico, facendo leva sulla specificità dell’oggetto niente, al cuore di tale godimento, come unico oggetto a che non funziona come causa di desiderio, secondo una recente formulazione offerta da Jacques-Alain Miller. Facendo leva sulla posizione paradossale dell’anoressica in Lacan rispetto al desiderio, al contempo paladina del desiderio puro e ostile al desiderio di sapere, così come evidenziato da Pierre Naveau in una conversazione clinica del Dipartimento a Milano, Bossola mostra la metamorfosi del desiderio in volontà di dominio nell’anoressia, e l’impossibilità di situarsi al livello della domanda d’amore per l’eclissi della mancanza.

Il contributo di Costanza Costa approfondisce la questione del legame familiare nella clinica dell’anoressia, mostrando la discontinuità dell’approccio analitico lacaniano rispetto all’inquadramento sistemico-relazionale alla luce della critica di Lacan alla teoria del doppio legame di Bateson. L’anoressia si presenta come un esito possibile del “fallimento della famiglia come discorso”, cioè come legame intrafamiliare in grado di separare i membri che la compongono regolando il godimento circolante tra loro, e salvaguardando l’asimmetria costitutiva nel rapporto tra i soggetti e tra le generazioni. Di tale fallimento ci presenta un’esemplificazione clinica nel caso di Giada.

Giuliana Grando ci offre proprio in questa direzione un contributo prezioso nel quale l’analista è chiamato in causa in una cura in cui sono coinvolte, non solo nel simbolico ma anche nel reale, tre generazioni: la paziente anoressica, la figlia bambina, e la madre della paziente in posizione di Altro divorante, che esercita tanto sulla figlia quanto sulla nipote un controllo senza limite, non riconoscendo alla propria figlia la funzione di soggetto, né tantomeno la funzione di madre della propria bambina. Come introdurre un argine al godimento materno, permettendo alla paziente e alla propria figlia di trovare un proprio posto nel campo dell’Altro, è il lavoro che l’analista è chiamato a compiere, anche con interventi ‘pedagogici’ quale, come in questo caso, il sostenere l’inserimento della bambina all’asilo.

L’intervento di Fulvio Sorge affronta la questione dell’oggetto pulsionale sul versante dell’oralità bulimica, alla luce di due casi clinici della propria pratica. Interrogando la questione dell’oggetto orale nel passaggio che conduce da Freud e Abraham a Lacan, il testo ritorna sul punto cruciale della fissazione libidica al primo stadio cannibalico e sulla frontiera che mette in contatto patologie alimentari e melanconia. Lo snodo clinico attorno a cui sono letti i due casi è dato dal passaggio dalla regolazione del godimento orale agli effetti di una prima sintomatizzazione permessa dal lavoro analitico, che sposta una quota di godimento dalla divorazione alla parola come luogo di enigma.

Il contributo di Marcello Morale ed Eva Bocchiola fa il punto sulle difficoltà interne alla fase preliminare nella cura dell’anoressia mentale, e alle difficoltà proprie a un soggetto che, al di là delle differenze di struttura, manifesta una difficoltà in ciò che Lacan chiamava nel Seminario X la cessione dell’oggetto, nella perdita di godimento. Nella logica del preliminare sarà essenziale puntare a produrre un primo effetto di perdita di godimento come condizione di un avvio della cura. Ciò sarà la condizione che renderà possibile una rettifica soggettiva in pazienti nevrotiche, o una rettifica dell’Altro in anoressie psicotiche.

Giuliana Capannelli traccia, alla luce di un’esperienza osservativa in tre istituzioni residenziali per la cura dei disturbi del comportamento alimentare, delle considerazioni differenziali sui principi di funzionamento propri a un orientamento analitico, distinguendo non solo questi dai principi interni a istituzioni di matrice cognitivo-comportamentale ma anche approcci analitici più orientati sulla centralità dell’io e approcci, tra cui quello lacaniano, fondati sulla cardinalità del soggetto dell’inconscio. Si tratta evidentemente di una clinica estrema, nella misura in cui nell’anoressia mentale le pazienti operano un rifiuto del sapere inconscio, e dunque il lavoro si presenta con loro come particolarmente complesso, e l’istituzione costruirà il proprio dispositivo affinché gli effetti di soggetto possano trovare lì il proprio luogo di accoglienza.

Infine, in quarto luogo, l’ulteriore elemento d’interesse su cui ci piace concludere l’introduzione di questi lavori è dato dal contributo di Erminia Macola sulla questione del rapporto tra mistica e anoressia mentale. Gli elementi di chiarificazione della clinica dell’anoressia mentale offerti dall’ultimo Lacan contribuiscono per certi aspetti a sfatare l’ipotesi diffusa che fa dell’anoressica una mistica imperfetta. Nonostante infatti molteplici aspetti fenomenologici legati alla condotta alimentare conducano a individuare dei tratti e dei comportamenti comuni, nella posizione del mistico, come mostra in questo testo il caso di Giovanni della Croce ma anche quello di Teresa d’Avila, l’Altro inteso come assoluto divino è sempre all’orizzonte e ricercato in un processo di tensione vitale che non troviamo affatto nel rifiuto dell’Altro proprio all’anoressica. Anche l’oggetto niente nell’esperienza mistica è sottoposto a un processo di trasformazione continua che lo smarca dialetticamente dagli oggetti mondani, non è un’inerzia all’origine, punto di godimento pieno, che rifiuta al soggetto l’entrata nel mondo dell’Altro.

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Sommario

Jacques Lacan

L’anoressica e il sapere

L’anoressica e l'inconscio

Domenico Cosenza

L’anoressia nell’ultimo insegnamento di Lacan

Adele Succetti

“Per me pochissimo”: anoressia e sapere inconscio

Carlo Viganò

Sinthomo e transfert nell’anoressia

Fulvio Sorge

Declinazioni dell’oggetto orale nella bulimia

Marcello Morale, Eva Bocchiola

Divisione soggettiva e rettifica nella cura dell'anoressia mentale

Manuel Fernández Blanco

Teoria e clinica dell’anoressia infantile

François Ansermet

L’anoressia del lattante. Oralità e costituzione soggettiva: sconforto del lattante e anoressia precoce

Erminia Macola

“Primo accadere”

Pietro Enrico Bossola

Il Pacifico della madre

Giuliana Grando

Tutto per la madre: il caso di Sabina

Giuliana Capannelli

Pazienti con DCA e trattamento in istituzione: punti di logica della pratica analitica

Costanza Costa

Legami di famiglia. Quando la famiglia fallisce come discorso

Lacan e il suo insegnamento

Jacques-Alain Miller

L’inconscio reale (2006-2007, lezioni XV, XVI, XVII)

Philippe La Sagna

Plusgodere

Martin Egge

Battere la “grancassa” dell'Altro parentale come “apertura” al dialogo con l'autistico

Pierre-Gilles Guéguen

L’omeostasi sintomatica nelle psicosi

Maria Rita Conrado

Dallo psicodramma al desiderio dell’analista: una testimonianza

Interventi di Diplomati dell'Istituto freudiano

Igor Castellarin

I bambini Asperger: percorsi di una cura lacaniana

Pasquale Indulgenza

Il desiderio di un figlio e la filiazione adottiva

Silvia Bernardini

Lezioni di psicoanalisi al bar

Monica Vacca

“Non sono stato protagonista della mia vita ma solo una comparsa”

Insegnamenti degli AE

Sergio Caretto

Splash! L'oggetto che cade