Letteratura e Letterarietà

La Psicoanalisi n. 62, 2017, Casa Editrice Astrolabio, 304 pagine, EAN 9788834017623
La Psicoanalisi - Letteratura e Letterarietà
Nota editoriale di Antonio Di Ciaccia

Letteratura e Letterarietà

Questo numero de La Psicoanalisi ha sulla copertina una foto di Judith Miller, figlia di Jacques Lacan.

Judith ci ha lasciati nella notte tra il 6 e il 7 dicembre scorso. Abbiamo pensato di ricordarla dedicandole questo numero. Il lettore vi troverà un suo testo dal titolo Scientismo, rovina della scienza. Eric Laurent, che riprende il testo, mostra in che modo Judith sia stata capace di rivelarsi una valida guida alla lettura di Lacan.

Inoltre questo numero riporta la giornata di studio tenuta al Centre Saint Louis dell’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede. La giornata, organizzata dall’Università di Palermo in collaborazione con l’Istituto freudiano, ha avuto come titolo Letteratura e letterarietà in Jacques Lacan. Il lettore troverà interventi su Joyce, Althusser e Derrida, Raymond Queneau, Antonin Artaud, André Gide, perfino un intervento sulla Dolce Vita di Fellini, inoltre un testo sull’origine della lirica europea e un altro sul pronome ’Tu’. L’articolo di J.-A. Miller ripreso dal volume L’orgeuil de la littérature (Genève) pubblicato in onore di Roger Dragonetti completa questi testi riuniti come in un florilegio.

Veniamo ora al brevissimo testo di Lacan del 22 ottobre 1978.

Jacques-Alain Miller spiega, nel corso 2007-2008 del suo Orientamento lacaniano, l’origine di questo breve scritto. Egli aveva chiesto a diverse persone una testimonianza di quanto era stato fatto nel Dipartimento di Psicoanalisi dell’Università di Parigi VIII. Naturalmente l’aveva chiesto anche a Lacan. Lacan aveva preso un foglio e aveva vergato qualche breve frase, lasciando poi che J.-A. Miller completasse la parte dove vengono elencati gli apporti sorti in quattro anni di insegnamento.

Lacan parte dai quattro discorsi. Fa riferimento dunque al discorso del padrone, al discorso dell’universitario, al discorso dell’isterica e al discorso dell’analista. Ora, solo quest’ultimo, afferma, non si prende per la verità. Per questo motivo sarebbe opportuno che fosse lui a dominare. Purtroppo il discorso dell’analista esclude, di per sé, ogni dominio e potere. Perché? Per il fatto che il discorso dell’analista non si appoggia sul significante. Quindi “non insegna niente. Non ha niente di universale: proprio per questo non è materia di insegnamento”.

Allora, “come fare a insegnare quello che non si insegna?”, si domanda Lacan. “Ecco dove Freud ha mosso i primi passi”, continua. E conclude: Freud “ha considerato che tutto è sogno e che tutti (se è consentita una tale espressione), tutti sono folli, ossia deliranti”.

L’universale affonda le sue radici nel sapere. Ma il sapere sa distinguersi forse dalla credenza? Chi è veramente bravo da riuscire a separare il sapere dalla credenza? Ora, della credenza, almeno di quella, tutti ne sono imbevuti. Proprio come tutti i folli, appunto.

Tutto ciò è dimostrato nel primo passo che, rispetto all’universale, fa l'insegnamento. Ma il secondo passo, ossia quello fatto dall’insegnamento rispetto al particolare, occorre dimostrarlo, dice Lacan. È quello che egli fa dopo aver modulato, per non cadere in contraddizione, il suo ’tutti’ nel suo inciso messo tra parentesi, ricorda J.-A. Miller.

Il particolare, dunque. Ossia, in termini analitici, l’oggetto. Lacan dice che “qualunque oggetto è buono [sebbene] si presenti sempre male”. Certo, dopo il bombardamento che il capitalismo ci propina tramite i media, non ci troviamo forse con una profusione di oggetti simil-oggetto a, come si direbbe simil-pelle?

A dire il vero, capitalismo o no, basterebbe il fantasma per constatare che vediamo il mondo attraverso un prisma, il quale ce lo fa vedere - strutturalmente - in modo deformato. Così anche nel particolare ci troviamo a fare i conti con la credenza - delirante, anche qui.

Non c’è dunque solo la credenza delirante per gli ideali, per quanto altisonanti essi siano. C’è anche la credenza delirante per il plusgodere. Credenza delirante che ha gamme cangianti, che vanno dagli oggetti futili del capitalismo all’oggetto della sublimazione, all’oggetto degno di amore (o di odio), ma anche a quell’oggetto che uno psicoanalizzante scova nel suo cammino: sinthomo, lo chiama Lacan.

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Sommario

Jacques Lacan

Lacan pour Vincennes!

Jacques-Alain Miller

L’or à la gueule de la lituraterre

In memoriam di Judith Miller

Judith Miller

Scientismo, rovina della scienza

Eric Laurent

Judith, guida alla lettura di Lacan

Miquel Bassols

Judith Miller, un desiderio senza ritorno possibile

Antonio Di Ciaccia

A Roma

Letteratura e letterarietà in Jacques Lacan

Eric Laurent

Lacan con Joyce: la letterarietà in 3D

Domenico Cosenza

Lettera e destinazione. Una querelle tra Lacan, Althusser e Derrida

Yves Depelsenaire

Raymond Queneau e la canzone del nulla

Janja Jerkov

Alle origini della lirica europea. Una lettura lacaniana

Francesco La Mantia

L’altro e l’uncino. Su un aspetto del pronome “Tu” in Lacan

Michele Cavallo

Da Lituraterra a Lalingua: Lacan con Artaud

Philippe Hellebois

André Gide ovvero l’homo litterarius compiuto

Rosamaria Salvatore

L’occhio cieco della Dolce Vita

Davide Tarizzo

La metonimia delirante: sull'inesistenza di Joyce

Francesco Paolo Alexandre Madonia

Litorali dell'autofinzione: spigolature lacaniane

Lacan e il suo insegnamento

Jacques-Alain Miller

Cose di finezza in psicoanalisi (2008-2009, lezioni XV, XVI, XVII)

Miscellanea

Céline Menghi

a parte

Carmine Mangano

Clinica e logica fuzzy

Anna Castallo

I cinque matemi delle frecce della sessuazione

Eva Bocchiola

La psicoanalisi fa dimagrire?

Renato Tomasini

Pasolini alla Callas - Ode dell'impossibile amore

Testimonianze di passe

Maria Antonella Del Monaco

Dall’illeggibile al nome proprio. Riscritture

Véronique Voruz

“Il buon vecchio Dio”

Marcus André Vieira

Il peggio non è mai morto