Jacques-Alain Miller e Alii
Edizione italiana a cura di Carmelo Licita Rosa
Borla, 2004.
L’etica della psicoanalisi come unica risposta possibile alla deriva ideologica delle neuroscienze e alla retorica dalla validazione peudoscientifica delle psicoterapie.
Alcuni psicoanalisti si danno convegno per esaminare, insieme con Jacques-Alain Miller, le risposte di Freud e di Lacan alle tre questioni di Kant: Che cosa posso sapere? Che cosa devo fare? Che cosa mi è permesso di sperare? Sono animati da una passione inedita: far scaturire da Kant una verità che possa illuminare l’Orientamento lacaniano sia per quanto attiene alla clinica che per quanto concerne la dottrina.
Il metodo aveva dato prova di sé fin da quando Lacan si era servito nel 1963 di Sade per portare alla ribalta una verità di Kant che riguarda in modo elettivo ogni analizzante, e cioè che è possibile l’accesso all’assioma del proprio fantasma, quello che governa il comportamento e l’intera esistenza di un essere umano.
Il soggetto autonomo di Kant, sottomesso alla legge che egli stesso si dà, fa luce su un punto capitale e costitutivo dell’esperienza analitica: la divisione del soggetto. Kant è ancora un saldo bastione su cui puntellarsi per contrastare l’oggettivazione del soggetto operata dalle neuroscienze, e per resistere alla fagocitazione della psicoanalisi da parte del discorso capitalista.
Qual è dunque la verità di Kant messa a fuoco a Barcellona? E per quale avvenire della psicoanalisi?
Non vi è miglior risposta che quella di Kant: accedere ai Lumi consiste per l’uomo nell’uscire dalla condizione di minorità in cui egli versa per la sua stessa colpa.
In concreto è solo di psicoanalisi che si tratta: Che cosa posso sapere da un’analisi? Che cosa posso fare se non un’analisi? Che cosa mi è permesso di sperare da un’analisi? Ecco la risposta: Osa sapere e decidere.