La Psicoanalisi Rivista

La Psicoanalisi n. 54-53 – Ancora sulla femminilità

Bruxelles. Nel pomeriggio, freddo ma (stranamente) assolato, del 26 febbraio 1977 ci trovammo – eravamo una quindicina– attorno al dottor Lacan. Era arrivato all’improvviso da Parigi. Aveva fatto avvisare che avrebbe voluto incontrare “dei giovani”. Dominique Michel Thibeau, ospite di quell’incontro, aveva fatto girare l’invito. Ci aspettava a casa sua, quella specie di villa che aveva allora tra Boitsfort e la foresta di Soignes. Dei giovani, solo dei giovani, la maggior parte analizzanti e già analisti, erano venuti all’incontro.

Così, in mezzo a noi, Lacan aveva parlato, rispondendo tranquillamente alle nostre domande, per nulla preparate. Questo spiega, nel testo che leggerete qui di seguito in questo numero della rivista, lo spezzettamento del discorso di Lacan.
Un discorso semplice eppure denso, che la redazione di Jacques-Alain Miller ha reso ancora più prezioso.

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La Psicoanalisi n. 52 – Lacan e il suo tempo

Per il trentesimo anniversario della morte di Jacques Lacan la rivista del Campo freudiano in Belgio, Quarto, ha pubblicato l’intervento che Lacan tenne al suo seminario del 19 novembre 1974, inedito finora e che abbiamo attualmente nella redazione stabilita da Jacques-Alain Miller. Abbiamo voluto riportare nella traduzione italiana questo breve testo che ha come titolo “Un giorno di sciopero”.
L’argomento risulta contrastante – forse sì, forse no – con il nucleo centrale di questo numero de La Psicoanalisi che riporta il modo in cui abbiamo celebrato a Roma il trentennale della morte di Lacan, pubblicando a questo scopo i lavori tenuti dall’ Istituto freudiano in una giornata di studi in cui psicoanalisti, filosofi e studiosi hanno portato il loro contributo, e di cui diremo tra breve. Prima si impone un rapido accenno al testo di Lacan.

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La Psicoanalisi n. 51 – Criminologia – Psicoanalisi e diritto

« Niente è più umano del crimine », intitola Jacques-Alain Miller una sua conferenza qui riportata. E Lacan, parlando di quanto avviene tra l’uomo e la donna, in un passaggio di un suo seminario ricorda che « invece di usare la squisita cortesia animale, agli uomini capita di stuprare una donna, o viceversa ».1

Sì, niente è più umano del crimine. L’animale potrà essere feroce, ma non sarà mai criminale. Per poter delinquere occorre essere fatti di una pasta speciale, quella in cui la pulsione – non l’istinto animale – per un erratico eccesso di godimento, a volte mortifero per sé e per gli altri, esonda dal letto del simbolico. Passaggio all’atto viene chiamato o, a volte, acting out. Siamo sempre nel registro dell’atto.

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La Psicoanalisi n. 50 – L’anoressia e l’inconscio

Non ci sembra affatto casuale che negli ultimi vent’anni, tra i con- tributi più rilevanti in ambito dinamico e in particolare psicoanalitico sul tema dell’anoressia dobbiamo annoverare diversi importanti lavori di studiosi provenienti dall’orientamento lacaniano. Ciò dipende dal fatto, come già ho cercato di sottolineare altrove, che l’anoressia men- tale occupa nel testo di Lacan un posto speciale, sia per il modo origi- nale in cui egli la intende, sia per gli effetti di provocazione che essa produce nel cuore della continua riformulazione del suo insegnamento teorico-clinico sui fondamenti della pratica freudiana. Detto in altri termini, è la questione stessa dell’inconscio, concetto cardine della psi- coanalisi, a essere messa alla prova, riformulata, pensata nel suo limite estremo, ogni volta che Lacan richiama in campo nel suo insegnamen- to l’anoressia mentale.

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La Psicoanalisi n. 49 – Pratica filosofica e esperienza psicoanalitica

Nel Libro VIII del Seminario, dedicato al transfert, Lacan prende in esame, in modo molto dettagliato, il Simposio di Platone. Lacan vedeva in Socrate uno psicoanalista ante litteram. Un personaggio capace di suscitare un vero transfert simbolico, e non già quella semplice suggestione immaginaria a cui ricorrono tutti i guru e a volte gli analisti stessi. Socrate era all’altezza di un transfert che gli permetteva d’interpretare in modo giusto la causa del desiderio di Alcibiade. Ma ancor più, Socrate eccelleva, secondo Lacan, nel presentare senza mezzi termini le due basi su cui egli si sosteneva: il non saper niente, a parte ciò che concerne le cose dell’amore, e il suo essere niente.

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La Psicoanalisi n. 48-47 – Testimonianze di passe

La passe è il merito di questo numero della rivista. Ogni AE (Analyste de l’Ecole, titolo a cui si accede tramite la passe e che viene accordato su decisione del cartello che ha ricevuto dai due passeurs la testimonianza del passant) parla a nome proprio. Non c’è un manuale che faciliti la nomina ad AE per uno psicoanalizzante che desideri farsi passant della propria analisi. Non c’è un manuale, non ci sono standard per diventare analista. Eppure ci sono degli AE, degli analisti che, dopo la passe e a causa di essa, sono riconosciuti come tali dalla Scuola Una. Parlo della Scuola Una poiché è un titolo che, sebbene venga conferito solo da uno dei cartelli delegati a questo scopo, è riconosciuto come tale da tutte le Scuole del Campo freudiano.

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La Psicoanalisi n. 46 – La vergogna

Il nostro è un mondo senza vergogna.
Senza vergogna si mette in piazza ogni più intimo sentimento. Anzi, più spudorati si è e più si fa cassetta nei circuiti del Grande Fratello. La televisione ha lasciato ormai dietro di sé il pur labile rapporto con il teatro, non solo nella sua versione tragica ma anche in quella comica, per accostarsi sempre di più a una forma di pornografia che si vorrebbe soft ma in realtà è hard poiché proietta i suoi videodipendenti nel girone dello voyerista svergognato.

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La Psicoanalisi n. 45 – L’istanza delle lettere

Sottolineo solo un punto. Ogni analizzante è un freudo-aristotelico, dice Lacan, poiché crede poter risolvere la sua questione – questione che gli si dispiega nel particolare del suo sintomo – tramite il ricorso al linguaggio, e quindi all’universale. Insomma, come Aristotele, ogni analizzante sogna: sogna che il linguaggio, ossia l’universale, mettendo in forma il particolare del sintomo dica la verità della sua singolarità. Ecco perché l’analizzante è allievo di Aristotele. Per il semplice motivo che la logica che il grande filosofo era riuscito ad articolare è quella del significante: per Aristotele, come per Freud, l’inconscio è strutturato come un linguaggio. Irridendo Freud in altri passi e Aristotele in alcuni passaggi del Seminario XVIII, Lacan fa notare che si tratta dello scotto che tutti e due pagano per il fatto di aver connotato l’altra metà del mondo con i sembianti dell’isterica. All’isterica, Lacan sostituisce La donna – al singolare, e cioè quella che non c’è – e le donne – e cioè quelle che, invece, ci sono, eccome!

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