Dialogo con i filosofi francesi
n. 9 – gennaio-giugno 1991
JACQUES LACAN – Dialogo con i filosofi francesi
SERGE COTTET – La bella inerzia
ERIC LAURENT – Melanconia, dolore di esistere, viltà mortale
JACQUES-ALAIN MILLER – Sette considerazioni sulla creatività
YVES DEPELSENAIRE – Che cosa ha visto Freud a Orvieto?
E articoli di: COLETTE SOLER, GIOVANNI MIEROLO, MASSIMO RECALCATI, RICCARDO CARRABINO, DOMINIQUE LAURENT, VIRGINIO BAIO, ORFEO VERDICCHIO, FRANCESCA BIAGI
Estratto dalla Nota editoriale
Il tema relativo alla depressione, mania, melanconia sembra far resistenza alla teoria psicoanalitica fin dai tempi di Freud. La psicoanalisi è nata dalla nevrosi, più particolarmente dall’ascolto docile di Freud alle indicazioni fornitegli dalle isteriche, le prime a elaborare, pur senza saperlo, la teoria psicoanalitica. Lo studio delle psicosi, soprattutto lo studio del testo del presidente Schreber, induce Freud a includere senza alcun equivoco il mondo delle psicosi nel campo psicoanalitico, pur manifestando dubbi e perplessità circa la sua efficacia terapeutica.
Ma quid circa la depressione, la mania e la melanconia? Che efficacia circa queste due ultime, incluse nel campo delle psicosi? E che statuto dare alla depressione, il cui raggio si allarga dalle più lievi alle più perniciose affezioni psichiche?
I risultati ottenuti dall’uso di sostanze medicamentose hanno spostato in secondo piano, almeno nella pratica clinica, l’apporto psicoanalitico in questo campo, e, malgrado le numerose pubblicazioni, hanno appannato il valore accordato in tali affezioni all’economia libidica del soggetto.
Lacan affronta tali problemi, e, apparentemente in modo paradossale, si ricollega a un filone che esula dall’apporto psicoanalitico postfreudiano, ritrovando in autori come Platone, san Tommaso, Dante e Spinoza una linea più consona all’“inconscio strutturato come un linguaggio” per quanto riguarda la depressione, la mania e la melanconia.
Antonio Di Ciaccia