Odio
n. 27 – gennaio-giugno 2000
JACQUES LACAN………………..Il complesso d’intrusione
JACQUES-ALAIN MILLER…..Il transfert negativo e L’esperienza del reale nella cura analitica
MASSIMO RECALCATI………..L’odio come passione dell’essere e la sopravvivenza dell’analista
LUISELLA BRUSA……………….Winnicott e l’odio nel controtransfert
FABIO GALIMBERTI……………L’odio in Bion
DOMENICO COSENZA………..Spinoza e la clinica matematica degli affetti
ANTONIO DI CIACCIA………..Dio e il male
E articoli di: MARIA BARBUTO, GIULIANA GRANDO, ADELE SUCCETTI, FRANCESCA SALVAREZZA, LUIS SOLANO, MAURIZIO MAZZOTTI, FRANÇOIS LEGUIL
Nota editoriale
In un numero precedente, il n. 24 per l’esattezza, La Psicoanalisi ha pubblicato uno studio monografico sull’amore. Vi si diceva che nell’insegnamento di Lacan l’amore era una della passioni fondamentali dell’uomo. Con l’odio e l’ignoranza.
Passioni dell’essere, le chiama Lacan: in opposizione alle passioni dell’anima, tramite cui egli designa gli affetti, come l’emozione, la noia, la paura, la tristezza, il cattivo umore, perfino l’angoscia che è l’unico affetto che non mente. Gli affetti sono gli effetti di cui il corpo patisce di un pensiero che pensa al di là della padronanza che si ha su di lui: inconscio, lo chiamò Freud.
L’odio, invece, e l’amore e l’ignoranza non sono passioni dell’anima, non sono ciò di cui il corpo patisce a causa del linguaggio. Sono invece passioni dell’essere.
Che intende Lacan con l’espressione passioni dell’essere? Egli intende le passioni che investono un soggetto parlante in modo fondamentale, nel suo essere stesso. Mentre le passioni dell’anima sono gli effetti affettivi del significante sul corpo dell’umano, in altre parole sono gli effetti dell’Altro simbolico sull’umano, le passioni dell’essere sono invece ciò che costituiscono l’essere stesso del soggetto nel suo rapporto con l’Altro: il soggetto è, verso l’Altro, in un rapporto di amore, di odio, di ignoranza.
In questo contesto il termine di passioni non è dunque da intendere nel senso passivo, di qualcosa che fa patire il soggetto, ma di attivo, di qualcosa che appassiona il soggetto nella sua relazione con l’Altro.
Rispetto all’esperienza analitica, che vuol dire che l’amore, l’odio e l’ignoranza sono le passioni fondamentali dell’essere nel suo rapporto con l’Altro? Vuol dire che si tratta delle passioni che connotano in sé il transfert: si tratta quindi degli elementi primari che compongono il transfert.
Ora, delle tre, nel transfert, la più operativa non è né l’amore né l’odio ma l’ignoranza. La passione dell’ignoranza è all’origine di quel processo in atto che è il discorso analitico e addirittura all’origine dell’elaborazione della teoria analitica.
L’ignoranza è quindi una passione fondamentale, non solo nel transfert, ma anche perché permette di rompere la falsa evidenza che l’amore e l’odio siano in un rapporto simmetrico: è proprio l’ignoranza, come terzo in questa serie, a non permettere di pensare l’odio e l’amore come se fossero uno il rovescio dell’altro. Non a caso Lacan situa l’amore nella linea di giunzione tra il simbolico e l’immaginario, l’odio nella linea di giunzione tra l’immaginario e il reale, e l’ignoranza nella linea di giunzione tra il reale e il simbolico.
Questo numero affronta, nella sua parte monografica curata da Massimo Recalcati, la passione dell’odio.
L’odio è quella passione fondamentale che cerca di colpire al cuore l’essere dell’Altro. E in questo è tanto diverso dall’amore che, sovente, si accontenta di belle immagini e di belle parole.
L’odio è la passione che si manifesta nella gelosia infantile descritta da sant’Agostino e ripresa da Lacan nel suo saggio. Ripresa perché tale gelosia connota l’interesse che il soggetto porta al proprio simile, visto come uno di troppo, fin dai primi tempi della sua esistenza.
L’odio è la passione che si manifesta nell’esperienza analitica, generalmente in modo tenue, a volte impercettibile, nel cosiddetto transfert negativo, tema di cui parla Jacques-Alain Miller nel suo intervento.
L’odio, nelle sue varie forme, è la passione quindi che, più di tutte, punta a toccare il reale dell’Altro. Quel reale che il soggetto tenta di dire nell’ingiuria verso il proprio simile, ma soprattutto nella bestemmia verso Dio, bestemmia che è solo l’ultimo grido di odio che ingiunge all’Altro di offrire quelle garanzie di esistenza e di essere di cui il soggetto fa crudelmente difetto.
Antonio Di Ciaccia