Rosamaria Salvatore
Quodlibet, 2011
François Truffaut, Marco Ferreri, Carl Theodor Dreyer, Michael Haneke, Samuel Beckett: sono i nomi degli artisti di cui parla questo libro proponendo una lettura inedita dei loro film. Un volume supplementare di cinema e psicoanalisi, dunque? Un’ennesima edizione di psicoanalisi applicata al cinema? No: la psicoanalisi si applica solo al sintomo. Al sintomo di un soggetto che soffre nel corpo e nella mente.
La psicoanalisi non si applica al cinema, come non si applica né all’opera d’arte né all’artista. Sebbene ogni artista non possa esimersi dall’interrogare quanto accade nella propria vita e nel mondo in cui vive; non certo per proporre dei modelli da seguire o una pedagogia da inculcare. L’artista, invece, mette in luce la trama di un discorso che ci coinvolge. Un discorso in cui ognuno di noi è preso come un essere vivente e sessuato, preda della passione o della follia, un discorso che si snoda come il discorso dell’Altro, ossia dell’inconscio. In tutto ciò l’artista, per dirla con Lacan, precede lo psicoanalista e addirittura gli apre la strada: ecco la lettura proposta dall’Autrice di questo libro. In quest’ottica è da leggere l’opera di François Truffaut, che rivela l’intreccio tra la problematica del padre e del nome con l’attrazione della follia e del corpo femminile. O quella di Marco Ferreri, che sa mettere l’accento sul mistero incarnato nel corpo della donna. Per non parlare di Dreyer, sempre fedele all’etica del desiderio, o di Haneke nella sua affannosa ricerca della verità. Per terminare, Film di Samuel Beckett, diretto da Alan Schneider e interpretato da un geniale Buster Keaton, è un eccellente esempio della schisi tra l’occhio e lo sguardo.
Antonio Di Ciaccia