Editore: Quodlibet

Presentazione

Il primo libro sul «pensiero» di Jacques-Alain Miller. Non sarà di sicuro neppure l’ultimo. Per ora è il migliore, poiché è unico. Sicuramente non resterà né unico né il migliore. Tuttavia ha un pregio di grande spessore, che amerei riscontrare anche nei libri che verranno : questo piccolo libro non solo mostra in che modo il «pensiero» di Jacques-Alain Miller chiarisce e illustra l’insegnamento di Lacan – cosa che ormai sanno anche i muri, numerosi soprattutto in Italia – ma mostra in che modo «l’unico che mi sa leggere» com’ebbe a dire di lui una volta il grande psicoanalista francese sia stato all’altezza di mantenere la psicoanalisi in costante ricerca, senza codificarla né imbalsamarla. In effetti l’autore di questo libro è stato capace di mostrarci che anche Miller abbia un atteggiamento simile a quello di Lacan: anch’egli si è rapportato e si rapporta ancor oggi con il materiale che la psicoanalisi fornisce mostrando com’esso sia vivo, vivente, addirittura cangiante, materiale che continua a interrogarci su questo strano connubio tra il vivente e il linguaggio, tra il corpo del vivente e la parola che lo abita : croce e delizia di quegli esseri che chiamiamo gli umani.

In questo Nicolas Floury ha fatto centro.

Tuttavia egli mi permetterà di non passare sotto silenzio alcune manchevolezze del libro, a cui accennerò brevemente. In primo luogo una non netta delimitazione tra l’insegnamento di Lacan et la lettura che ne fa Miller. In secondo luogo una parziale presentazione dell’evoluzione del «pensiero» di Miller, che è ancora molto più vasto e variegato di quanto è presentato nel libro. A questo riguardo sarebbe stato opportuno fare almeno un accenno alla clinica psicoanalitica delineata da Miller, poiché è un settore in cui egli non ha solo chiarito la posizione di Lacan ma ha apportato del nuovo. E lo ha apportato non solo a livello di quelle che Miller ha definito «psicosi ordinarie», com’è precisato nel libro, ma a livello di quelli che ha chiamato i «nuovi sintomi» e che riguardano il modo particolare in cui al tempo d’oggi ci si rapporta con ciò che classicamente la psicoanalisi ha chiamato «oggetto». Miller conia l’espressione «partner-sintomo» per sottolineare ciò che viene a coprire il non-rapporto contro cui sprofonda, per esempio, il tossicomane che Miller porta a modello dell’ «anti-amore», per riprendere la sua definizione.

Antonio Di Ciaccia