Prefazione
Il soggetto autistico, oggi, è più che mai insegnante. Almeno nel senso che, da lui, possiamo imparare molto. Leggiamo questo piccolo libro. Che cosa esso illustra ? In modo semplice, vi vediamo messo per scritto, con l’aiuto di disegni, la modalità con cui alcune insegnanti delle scuole in cui sono iscritti questi bambini sono riuscite a stabilire con loro una corrente, sia pur sovente tenue, fatta di scambio, di comunicazione, di relazione. Tutti aspetti che, per motivi sconosciuti nonostante azzardate asserzioni supposte scientifiche, è stato loro negato a volte fin dalla più tenera età. Genitori in ambascie hanno dovuto constatare che la loro pur amorevole cura – che posso personalmente testimoniare essere al di là di quanto avviene normalmente e, diciamolo pure, al di là di ogni sopportabilità – si è improvvisamente scontrata con un muro che li ha sprofondati nella più nera desolazione. Le maestre e le insegnanti non sono più brave dei genitori. Ma sono in un altro posto, occupano uno spazio diverso. In questo posto, da questo spazio le insegnanti hanno giocato di nuovo una partita. A loro volta edotte da quanto la psicoanalisi ci ha insegnato : che per tentare di stabilire con il bambino autistico un filo occorre saperlo riconoscere come soggetto senza spaventarlo, occorre fargli un posto senza pretendere che lo occupi, occorre saperlo ascoltare anche quando sembra che non parli, occorre sapergli parlare senza che la nostra parola lo angosci, occorre tentare di stabilire quel nesso per cui si risvegli almeno un briciolo di desiderio, sapendo, con Lacan, che « il desiderio dell’uomo è il desiderio dell’Altro ». Ossia, per dirla con parole mie, che solo se si desidera, solo se fortemente si desidera di stabilire un qualche filo che intercorra con il soggetto autistico, astenendosi tuttavia dal domandare – sembra un paradosso, ma è così – , allora c’è una chance che il bambino autistico colga il filo che gli è teso e si senta in grado di poter rispondere. Tutte piccole cose che è più facile mettere in atto quando c’è un’équipe affiatata e collaboratrice – come si è rivelata quella composta da Anna, Giorgianna, Sandra, Raffaella, Caterina, animata da Chiara e da Martin, il quale troppo presto ci ha lasciati…
Con « A scuola con gli autistici » tutti imparano qualcosa. Ho iniziato questa mio breve testo dicendo che il bambino autistico è insegnante. Non ho detto che cosa insegna. A me personalmente ha insegnato molto. Per esempio che cosa voglia dire l’affermazione di Lacan che anche il bambino autistico è nel linguaggio, sebbene preferisca essere fuori dal discorso. Mi ha insegnato che la parola è come Giano bifronte : ha un versante pacificante che è quello della comunicazione e ha un versante mortifero che spinge alla più perfetta incomunicabilità.
Tuttavia, se ho iniziato proponendo che il bambino autistico sia nel posto dell’insegnante è perché egli insegna anche alla società, agli esperti, alle autorità, soprattutto ai burocrati : insegna che l’apprendimento è una questione non di imposizione ma di desiderio, non di costrizione ma di coinvolgimento. E in questo campo non c’è metodo migliore se non quello che – correttamente – si ispiri alla psicoanalisi.
Antonio Di Ciaccia