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LP14 - Intervento al Congresso Mondiale di Psichiatria

La Psicoanalisi n. 14 – Intervento al I Congresso Mondiale di Pischiatria

Fuori dall’inconscio esiste il tempo?

Si può dire di sì e si può dire di no. Si può dire di sì, perché le stelle continuerebbero con certezza matematica il loro percorso celeste, che ci sia o meno un soggetto che si interroghi per saperne qualcosa.

Ma si può dire di no. Non c’è il tempo al di fuori dell’inconscio. Almeno per un soggetto che parla e, di conseguenza, desidera. Non c’è, per l’uomo, che il tempo del desiderio. Del desiderio indistruttibile.

Mi si obietterà che Freud aveva detto il contrario: che l’inconscio non conosce il tempo, che è atemporale, fuori tempo, zeitlos. Obiezione che diventa paradossale quando si considera la necessità del tempo nella cura, che poteva, al dire di Freud, diventare addirittura interminabile.

Il paradosso freudiano – l’inconscio è atemporale ma la cura esige il tempo – rimane tale in Freud.

Non così in Lacan.

Per Lacan una cosa è la durata e un’altra cosa il tempo logico. E la cura avviene in una durata di tempo che esige la messa in atto del tempo logico. Per questo l’inconscio è isolato da Lacan in una struttura temporale mai articolata prima di lui.

La chiave di questa strutturazione temporale è, ancora una volta, l’assioma “l’inconscio strutturato come un linguaggio”. In esso la temporalità si fonda sulla perennità di quel reale che è causa, causa della catena significante, causa del desiderio indistruttibile.

Lacan modula questa articolazione tra temporalità e atemporalità non solo nell’inedita definizione che egli dà dell’inconscio, ma sottolinea la valenza del tempo nelle diverse strutture cliniche e nella direzione della cura stessa. Non è stata forse questa la pietra di scandalo all’origine della scomunica di cui egli fu oggetto da parte dell’Internazionale?

C’è quindi per il soggetto il tempo del sintomo, il tempo che fa sintomo, il tempo che costituisce l’essere stesso del sintomo. Del nevrotico, per esempio, sempre pronto a esserci dove non c’è: troppo presto, troppo tardi, proiettato nel tempo dell’ideale o del simile e, a volte, anche se vivo, ormai già morto. Oppure del perverso, dove si dispiega il tempo che è pura ripetizione dello scenario che egli mette in atto nella realtà, infinite volte. O ancora dello psicotico, dove il tempo o non c’è o è il tempo di un delirio che organizza l’intero sistema planetario.

Così, per il soggetto che vive solo il tempo scandito dal sintomo, “ci vuole tempo”, ricorda Lacan, per “farsi a essere”. In altre parole, ci vuole tempo per saperci fare con l’essere pulsionale che si è. Qui è l’appuntamento del soggetto con un altro tempo: il tempo del lavoro di transfert.

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LP13 - ... ou pire- sulla femminilità

La Psicoanalisi n. 13 – … ou pire: sulla femminalità

Da quando il femminismo si è inserito nello spessore del tessuto sociale delle moderne società industriali, si è sviluppato un dibattito: i desideri dell’uomo e della donna sono commensurabili? Sono simili, analoghi, oppure specifici, differenti? Se è necessario, fin dove occorre spingere il diritto alla differenza? Il confronto è irrimediabile? Se c’è specificità, è un ostacolo alla ricerca dell’uguaglianza dei diritti? Non c’è forse una pura e semplice lotta per il potere senz’altra via d’uscita se non il rapporto di forza?

Le donne pregano gli uomini di risparmiarsi le elucubrazioni sull’Altro sesso, le sue pompe e i suoi misteri. Preferiscono parlarne loro stesse, considerarsi il secondo sesso piuttosto che l’Altro. L’uomo non è decisamente troppo centrato sul proprio sesso e sul potere del patriarcato per intendere qualcosa dell’evoluzione del mondo? La nuova spartizione del potere con le donne, ovunque presenti, non obbliga forse a radicalizzare le scelte: o la separazione o l’identità all’orizzonte di una complementarietà sperata? Tutto questo può essere formulato nei termini seguenti: “la donna è l’avvenire dell’uomo” oppure “l’Uno è l’Altro”. La psicoanalisi che cosa potrebbe aggiungervi? Essa enuncia semplicemente che l’uomo e la donna stanno dalla stessa parte, separati dall’Altro godimento. In comune hanno un solo tipo di godimento, il godimento fallico. Quanto all’Altro, vi hanno un accesso differente che li divide senza scampo in due specie. Proprio questo fa da ostacolo al fatto che la dimensione culturale del gender corrisponda totalmente alla sessuazione.

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LP12 - La terza di Lacan

La Psicoanalisi n. 12 – La terza di LACAN

“Se riusciste veramente a leggere quello che c’è in questa messa in piano del nodo borromeo, penso che vi avrei dato qualcosa che potrebbe esservi altrettanto utile quanto la semplice distinzione tra reale, simbolico e immaginario”. Traggo questa citazione di Lacan dal suo testo La terza, pubblicato nel presente volume.

Con le tre categorie non freudiane – del reale, del simbolico e dell’immaginario – Lacan ha dato una chiave di lettura chiara per leggere il materiale addotto dalla clinica freudiana e uno strumento efficace all’analista perché sappia occupare il posto da cui operare. E da qui è stato possibile, a quegli psicoanalisti che hanno fatto tesoro di questo insegnamento, di saper distinguere l’io in quanto funzione immaginaria (le moi) dall’io in quanto funzione simbolica (le je); di riconsiderare la clinica della psicosi non già sotto la rubrica del deficit ma alla luce di una mancanza simbolica chiamata da Lacan forclusione (forclusion) del nome del padre; di assegnare allo psicoanalista un luogo da cui operare che è radicalmente asimmetrico rispetto alle varie relazioni o rapporti, le cui conseguenze, amorose o controtransferali, hanno il solo potere di far arrestare la cura anche quando la serie delle sedute continua.

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LP11 - Considerazioni sull'io

La Psicoanalisi n.11 – Considerazioni sull’io

“Considerazione sull’io” è il testo di una conferenza di Lacan letta in inglese alla British Psycho- Analytical Society il 2 maggio 1951. Esso riprende con alcune varianti la terza parte del “Discorso sulla causalità psichica”, del 1946, pubblicato nel 1966 negli Scritti.

Il tema dell’io è centrale in Lacan.

Come l’io si costituisce? Lacan forgia lo stadio dello specchio per rendere conto del rapporto tra il bambino e la sua immagine, che, pur essendo la sua, è anche quella di un altro.

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LP10 - Lacan

La Psicoanalisi n.10 – Lacan

“Lo stile è l’uomo”. Mai, nella storia della psicoanalisi, un tale assioma è diventato reale come nel caso di lui: Jacques Lacan. Certo, la psicoanalisi continuerà a esistere solo se resterà freudiana. Ma la cura psicoanalitica resterà tale solo se gli psicoanalisti sapranno cogliere l’insegnamento di Lacan: lo stile, in psicoanalisi, è ciò che lega, nella pratica clinica, il funzionamento dell’inconscio con l’atto analitico.

Lacan in questo fu geniale. Geniale, per trovare le soluzioni concrete nelle manifestazioni transferali, analisi per analisi. Geniale, per ritrovare nella logica del fantasma gli elementi che possono essere trasmessi nella teoria psicoanalitica.

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LP9 - Dialogo con i filosofi francesi

La Psicoanalisi n.9 – Dialogo con i filosofi francesi

Il tema relativo alla depressione, mania, melanconia sembra far resistenza alla teoria psicoanalitica fin dai tempi di Freud. La psicoanalisi è nata dalla nevrosi, più particolarmente dall’ascolto docile di Freud alle indicazioni fornitegli dalle isteriche, le prime a elaborare, pur senza saperlo, la teoria psicoanalitica. Lo studio delle psicosi, soprattutto lo studio del testo del presidente Schreber, induce Freud a includere senza alcun equivoco il mondo delle psicosi nel campo psicoanalitico, pur manifestando dubbi e perplessità circa la sua efficacia terapeutica.

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LP8 - Omaggio a Marguerite Duras

La Psicoanalisi n.8 – Omaggio a Marguerite Duras

L’inconscio strutturato come un linguaggio riassume aforisticamente la teoria di Lacan sulla scoperta freudiana. Che Freud abbia dimostrato ripetutamente che l’inconscio parli in modo metaforico e metonimico è un dato accettato da ogni freudiano. Al contrario ciò che fa problema è il valore da accordare a questo parlare: il valore deve essere cercato nella sua inconscia articolazione logica oppure negli affetti che lo accompagnano? La verità di un soggetto si svela nei significanti che lo rappresentano o negli affetti che lo abitano?

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LP7 - Prefazione al risveglio di primavera

La Psicoanalisi n.7 – Prefazione al “Risveglio di primavera”

Il drammaturgo anticipa lo psicoanalista. Sofocle anticipa nell’Edipo il dramma della posizione del soggetto rispetto all’Altro che lo porta, lo nomina e lo promette alla morte. Shakespeare nell’Amleto anticipa il dramma del desiderio del soggetto incatenato al desiderio dell’Altro, e a ciò che lo causa. Wedekind, contemporaneo di Freud, ma prima Freud, illustra nel Risveglio di primavera che l’umano con il sesso non ci sa fare, che nessuno se la cava bene, e che la sessualità fa buco nel reale. “Così un drammaturgo”, scrive Lacan nella prefazione al lavoro teatrale di Wedekind, “affronta nel 1891 la questione di quel che è per i ragazzi il far l’amore con le ragazze; mostrando come non se lo sognerebbero nemmeno senza il risveglio dei loro sogni”.

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LP6 - Seminario su l'uomo dei lupi

La Psicoanalisi n.6 – Seminario su “L’uomo dei lupi”

Il caso de “L’uomo dei lupi” è il caso che più di ogni altro è entrato nella storia del movimento psicoanalitico come l’esempio paradigmatico dell’intervento clinico e del valore teorico della psicoanalisi. Eppure, forse non c’è mai stato caso più discusso e controverso sia a livello della teoria, per esempio per quanto riguarda la diagnosi, sia a livello della clinica, per esempio per quanto riguarda lo svolgimento della cura.

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LP5 - Amleto - Il desiderio e la sua interpretazione

La Psicoanalisi n.5 – Amleto

Dopo aver restaurato la dimensione strutturale del complesso di Edipo e aver dimostrato l’omogeneità significante delle formazioni dell’inconscio e dell’interpretazione nei seminari precedenti, J. Lacan affronta in quello del 1958-59 la questione del desiderio.

È il momento del suo insegnamento in cui il desiderio non è più solo riferito alla dialettica del riconoscimento, ma situato appunto secondo le coordinate che fissano il soggetto in una certa dipendenza rispetto al significante. Il desiderio ne risulta quindi come l’effetto di significato inarticolabile di ogni parola, al di qua dell’alienazione del bisogno nella domanda. È il momento in cui è sottolineato il carattere fondamentalmente estraneo a ogni radice istintiva della pulsione freudiana, ricondotta a una domanda silenziosa, a ciò che resta della domanda quando non formula più alcun bisogno e il soggetto si riduce alla propria abolizione.

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