Felice Cimatti
Quodlibet, 2007.
“Oh questi Greci!” scriveva Nietzsche nella Prefazione della “Loro sì sapevano vivere; per vivere occorre arrestarsi animosamente alla superficie, all’increspatura, alla scorza, adorare l’apparenza, credere a forme, suoni, parole, all’intero olimpo dell’apparenza! Questi Greci erano superficiali – per profondità!”.
L’idea di questo libro nasce da questa sfida: è possibile immaginare una psicologia che sfugga alla contrapposizione fra interno – pensieri, sentimenti, emozioni, paure desideri – ed esterno, cioè il linguaggio, i gesti, il comportamento, l’insieme di mezzi attraverso i quali l’interiore diventerebbe esteriore? Nulla ci sembra più naturale di quell’antica immagine che ci vuole divisi in due parti, la psiche da un lato, il corpo con le sue manifestazioni dall’altro. E allora o si sta per l’interno (da ultimo, il cognitivismo), oppure si sta per l’esterno (l’aborrito comportamentismo). Intorno a questa coppia potentissima se ne articolano molte altre: individuo e società, pensiero ed espressione, intenzione ed azione, invisibile e visibile ,e molte altre ancora.
La proposta di questo libro è radicale e semplice insieme: abbandonare questa vetusta e impensata contrapposizione, e proporre come immagine guida della psicologia il magico nastro di Moebius, una superficie che ha una sola faccia e non permette di distinguere in modo assoluto fra interno ed esterno. Allora si comprende quello che scrive Nietzsche (e dopo di lui Wittgenstein), che non ha senso scegliere il solare esterno – la superficie – rispetto all’ombroso e nascosto interno: questa mossa è stata fatta tante volte, nella storia della filosofia e dalla psicologia. E’ una mossa inutile, perché rimane impigliata in quella stessa contrapposizione che critica. Bisogna invece pensare, di nuovo, una psiche unitaria, al di qua delle divisioni e delle contrapposizioni.
Ezio De Francesco