Il bambino e la psicosi
n. 1 – Aprile 1987
JACQUES LACAN – Sul bambino psicotico e Due note sul bambino
ANTONIO DI CIACCIA – Nota sul bambino e la psicosi in Lacan
DONALD MELTZER E MARTHA HARRIS – Autismo? “Può capitare a tutti”
ROSINE E ROBERT LEFORT – Il bambino del lupo
VIRGINIO BAIO – Bambino, psicosi e istituzione
JACQUES-ALAIN MILLER – C.S.T.
E articoli di: MARIO BINASCO, SOL APARICO, ERIC LAURENT, DIANA RABINOVICH, MARIA-TERESA MAIOCCHI, PAOLA FRANCESCONI, AMELIA BARBUI, CARLO VIGANÒ, GIACOMO CONTRI, ORFEO VERDICCHIO, EUGÉNIE LEMOINE-LUCCIONI
Nota editoriale
È come una locanda spagnola: ognuno trova quel che ci porta. Il musulmano è persuaso che se non si conosce il Corano non si capisce nulla degli Scritti. L’ebreo ritrova nel Nome-del-Padre il Dio del roveto ardente e del sacrificio ai Abraham. Il cristiano è sensibile al fatto che la teoria del godimento si ispira a san Paolo, quella dello stadio dello specchio a sant’Agostino, quella della passe a san Tommaso (d’Aquino). Il cattolico romano ritrova il gusto del barocco in questo ex allievo dei gesuiti. Il filosofo vi ritrova il suo Aristotele e il suo Kant, e il cogito che diventa il soggetto dell’inconscio, e la ragione del cuore che passa alla clinica. Lo psichiatra riconosce lo psichiatra. Il logico, il logico. Il matematico vede dappertutto la pratica dei numeri, delle superfici e dei nodi. Il linguista, come il poeta, attesta il senso della lingua. L’etnologo, è vero, storce il naso, ma riconosce di non aver mai incontrato uomo più dotto e animato da così grande curiosità (dixit Claude Lévi-Strauss).
Ma non è solo la propria credenza o il proprio sapere che gli si attribuiscono, ma perfino il proprio sintomo e la propria struttura clinica: l’isterico lo fa isterico; l’ossessivo, ossessivo; e se fosse un po’ perverso visto che non fa nulla come fanno tutti? o un po’ psicotico a prendere il linguaggio così sul serio? o, visto che capisce così bene ciò che spinge le donne all’amore senza capire dov’è che si gode, un po’ donna, questo donnaiolo? Lui dice di se che appartiene al mondo dei mistici; altre volte, al secolo dei lumi.
È Lacan.
Quante sfaccettature! E ci vogliono tutte per offrire a ognuno una superficie senza graffi in cui ammirare la propria immagine fino a che si adombri e si dissolva. Per alcuni, è l’orrore; per altri, l’amore – del sapere, in ambedue i casi. L’orrore del sapere (la rimozione, nei termini di Freud) è più vero dell’amore del sapere (il transfert); ma questo amore è necessario per sormontare quell’orrore.
Attenti a quel che direte di Lacan, ancora oggi, sebbene morto, poiché parlerete di voi stessi, ben più di quanto potreste pensare. E lo dico a quelli che hanno visto in lui un principe, come a quelli che l’hanno preso per un imbroglione.
Vuol dire che non si può dire il vero su Lacan? Ma no! Rinunciate per un momento al narcisismo, abbandonate per una volta il piano dell’identificazione, cessate per un attimo di essere abbacinati dal vostro fantasma, e lo vedrete per quel che è: uno psicoanalista. Semplicemente. È vero che è uno psicoanalista che lo dice… Lacan è stato forse l’analista per eccellenza, l’analista ideale, l’analista degli analisti? Niente affatto; non più di Freud. Ma a differenza di Freud, Lacan sapeva che non esiste l’analista standard, che l’Analista non esiste, che esistono solo gli analisti, come esistono solo le donne. Infatti tutti e due si contano – “mille e tre”, e si mettono in liste: l’asinalista(1).
Un analista, dunque. Esemplare, se si vuole, ma perché inimitabile. Per questo l’hanno imitato molto, facendo il contrario della sua lezione. Avrebbe potuto rimanere un originale, diventò caposcuola. La scuola avrebbe potuto sostenersi sul suo carisma e finire con la sua morte. Invece essa dura ancora e si estende, poiché c’era qualcosa di più del mero fascino: una logica, una clinica, una dottrina.
Coloro che iniziano oggi La psicoanalisi appartengono a questa scuola che cresce dappertutto, così viva, così animata, che nessuna associazione basta a contenerla per rappresentarla. Per questo essa si presenta come una rete, di dimensione internazionale: il Campo freudiano.
La psicoanalisi pescherà in questo fondo costituito da lavori di ricerca e d’insegnamento in corso nei paesi d’Europa e d’America, ma soprattutto in Italia. La sua redazione parte dall’idea che ho poc’anzi accennato: Lacan, un analista; Lacan, rinnovatore della psicoanalisi; Lacan, clinico impeccabile, teorico rigoroso. un uomo di un lavoro ricco di risorse appena intraviste, di tracciati sconvolgenti, ma che possono ora essere trasmessi in risultati accessibili a tutti.
Non è certo l’idea che circola in Italia. Eppure essa è vera, e dimostrabile attraverso un lavoro effettivo che si inaugura oggi con La psicoanalisi. Vi si vedranno riuniti clinici e ricercatori di diverse nazionalità che prendono spunto dalla teoria di Lacan, non senza discuterla, o addirittura contestarla, per fondare una pratica della psicoanalisi che sia conforme alla logica del procedimento freudiano e che inserisca nella psicopatologia il registro che questo procedimento implica: per quanto strano possa sembrare, si tratta del registro dell’etica.
É la passione della mancanza-a-essere che anima il nevrotico, quella di giustificare la propria esistenza. É lo scatenamento di un godimento non localizzabile che assedia lo psicotico nel suo essere, fino a fare vacillare le fondamenta della creazione. L’analista interviene là, al livello dei fini ultimi, senza proporne alcuno: tutti appaiono diversamente problematici.
Il dito alzato del san Giovanni indica nel cielo vuoto, “orizzonte disabitato dell’essere” (S., p. 637), là dove Leonardo aveva dapprima dipinto la croce.
J.-A. M 22 marzo 1987
(1) L’âne (L’asino) è il titolo di un periodico del Champ freudien. A chi proponeva come titolo L’analyste (L’Analista), Lacan aveva ribattuto: “L’âne-à-liste” (letteralmente: “L’asino-da-lista”). [N.d.R]